Dove fare il bagno a Tenerife: la Punta del Hidalgo e la piscina Altagay
Novembre è arrivato e si è portato dietro il carico delle tasse da pagare e di nuovi viaggi da vivere. Nonché di viaggi di cui avere nostalgia. A metà settembre, mentre ero a Tenerife, mi sono goduta una settimana di vere e proprie ferie, di quelle che non mi concedevo da tempo. Il focus di quel viaggio erano le piscine naturali e i luoghi più belli dove fare il bagno a Tenerife. Uno di questi posti è la Punta del Hidalgo, sulla costa nord dell’Isola, dove potrete trovare anche la Piscina Altagay, un luogo a dir poco speciale dove passare anche una giornata intera.
Voli economici da Roma a Tenerife, andata e ritorno
Partenza alle Rientro a Fermate Linea aerea Trova biglietti 21.01.2025 04.02.2025 Diretto Dove si trova la Punta del Hidalgo e come raggiungerla
Prendete la cartina di Tenerife e osservate la parte a est, quella più stretta. Sulla costa nord troverete la Punta del Hildalgo, uno di quei luoghi che volevo vedere da un bel po’. Se alloggiate sulla costa sud dell’Isola – per intenderci in zone tipo Los Cristianos o Playa de las Americas – potete raggiungere la punta del Hidalgo noleggiando un’auto e percorrendo tutta la TF1 (Autopista Sur) in direzione de La Laguna. Una volta arrivati lì seguite per Tegueste. Da lì troverete le indicazioni che vi porteranno verso Bajamar prima e Punta del Hidalgo poi. Arrivati in prossimità del paese, vedrete senza problemi le indicazioni “Piscinas naturales“: vi faranno arrivare a una zona di parcheggi gratuiti dai quali avvisterete senza problemi il Faro di Punta del Hidalgo.Il Faro di Punta del Hildalgo, ovvero la Torre d’Avorio de “La Storia Infinita”
Siete bimbi o bimbe cresciuti negli anni ’80 anche voi? Allora sicuramente saprete di cosa parlo quando cito la Torre d’Avoio e l’Infanta Imperatrice. Non appena sono arrivata alla Punta del Hidalgo ho spalancato gli occhi e mi è uscito dalla bocca in “non ci credo“. Sinceramente avevo progettato di andare da quella parte di Tenerife da un bel po’ ma non avevo mai cercato in rete delle immagini del luogo. E ho fatto bene: la sorpresa che ho provato nel guadare un faro (perché di un faro si tratta) così particolare è stata un bel regalo. Il faro della Punta del Hildalgo è stato inaugurato nel 1994 ed è un faro ufficialmente in funzione e controllato dalla Port Authority di Santa Cruz. Io mi sono fermata su una delle panchine che si trovano lì vicino e l’ho osservato a lungo, pensando proprio alla Storia Infinita di Michael Ende. Mi sono detta che, in fondo, non si deve smettere mai di pensare che, da qualche parte, esista un luogo che abbiamo immaginato leggendo un libro. Proprio come insegnano Bastian e Atreiu.Dove fare il bagno alla Punta del Hildalgo
La Punta del Hidalgo non ha spiagge molto comode ma ha splendidi scogli formati dalle antiche eruzioni del Teide (che si vede sullo sfondo di questa foto). Queste formazioni rocciose, a loro volta, danno vita a delle piscine naturali, dove è possibile fare il bagno anche quando l’Oceano è in pieno impeto e tempesta. Le possibilità per fare il bagno alla Punta del Hidalgo sono due:
- Stare nella zona libera e godersi le piscinette create dalle rocce
- Pagare 4€ di entrata e godersi qualcosa di più comodo alla Piscina Altagay.
Fate voi. Io vi racconto la Piscina Altagay, mia meta per quel giorno, l’ultimo del mio viaggio di settembre a Tenerife.
Fare il bagno nella Piscina Altagay di Punta del Hidalgo
La Piscina Altagay si trova dal lato opposto rispetto al Faro della Punta del Hidalgo, davanti a un complesso residenziale che porta lo stesso nome. Per entrare si paga un biglietto di 4€ (più altri 2€ se volete l’ombrellone e altri 2€ se volete lo sdraio). La piscina è dotata di servizi igienici e anche di un luogo dove potersi cambiare e mettersi il costume. Le vasche sono riempite direttamente dall‘acqua dell’oceano (non so se d’inverno viene riscaldata ma a Gennaio ve lo faccio sapere perché torno lì di sicuro). Quindi si nuota in sicurezza in mezzo all’acqua salata… ed è una meraviglia. La piscina ha anche un accesso diretto al mare aperto: quel giorno in cui sono andata io c’era un cartello che sconsigliava di fare il bagno direttamente nell’Oceano per via del vento e delle onde molto alte. La piscina è dotata anche di una vasca per bimbi, dove l’acqua è bassa e – udite udite – è attrezzata per i disabili. Ci sono scivoli in ogni dove, anche per l’entrata in acqua. Non c’è il servizio ristorazione all’interno della piscina ma, esattamente di fronte, c’è un ristorante con prezzi buonissimi. Potete uscire e rientrare mostrando il biglietto e facendo presente la cosa alla persona in cassa.Quel giorno alla Piscina Altagay, per me
Non smettevo i guardare l’oceano, non smettevo di guardare il Teide. Chiudevo gli occhi (perennemente sotto l’ombrellone) e sognavo che quel momento fosse un qualcosa di sospeso, senza mai una fine. Prendevo il mio telefono dalla borsa, guardavo l’ora e dicevo dentro di me “fermati, fermati, fermati“. Abbiamo trasmesso il tipico esempio di come sono io quando sta finendo qualcosa che mi fa bene. Il che, da quanto so, non accade solo a me ma a chiunque abbia vissuto un bel viaggio o un bel momento di ferie. Quel giorno andò così: eravamo io, l’oceano, l’isola, i miei pensieri e quella felicità mista a “non voglio tornare a casa” che, a fasi alterne, mi faceva addirittura piangere. Ecco perché devo tornare là: devo vivere qualche ora in totale sorriso, annullare quelle lacrime che mi sono scese quel giorno e risentire nel cuore tanta serenità. Per me, assieme a La Mesa del Mar di Tacoronte, è uno dei migliori luoghi organizzati dove fare il bagno a Tenerife.
Neve
Se pensi che il mondo del vino sia palloso è perché non conosci questi ragazzi in Abruzzo
Sono andata a vedere come nascono i vini naturali di Lammidia in Abruzzo. E devo dire che qui la vendemmia è una pacchia: a metà mattina si fa pausa e si stappa la prima bottiglia della giornata.
Il torchio è piccolo e siamo in tre ad affondarci dentro le braccia fino al gomito per pressare le bucce. A turno, andiamo avanti e indietro coi secchi per riempirlo. Nonostante la fatica e le vespe che ci volano intorno, mi sto divertendo molto a veder nascere questo vino che sarà un rosato, di uve Montepulciano d’Abruzzo.
Mi trovo a Villa Celiera, sul versante orientale del Gran Sasso, siamo a 700 metri sul livello del mare, e il mare lo vedi laggiù in fondo tutte le volte che alzi lo sguardo.
L’antefatto è un cliché: bevo un vino e siccome mi piace voglio andare a vedere in faccia chi l’ha fatto e guardare il paesaggio che si vede da lì. Così sono finita in Abruzzo, a fare la vendemmia da due produttori che si fanno chiamare Lammidia. Vendemmia che è diventata un ritiro di tre giorni sulle colline abruzzesi per accompagnare l’uva nelle prime fasi della vinificazione. In quei giorni, oltre ad aver imparato qual è il modo migliore per tenere in mano un secchio pieno di mosto, mi sono ritrovata ad accumulare un po’ di pensieri su: cosa fa di un vino, un vino di territorio? E cosa fa di noi amanti del vino, delle persone pallose?
Cose da sapere prima di iniziare: Lammidia sono Davide Gentile e Marco Giuliani, due abruzzesi amici da una vita che nel 2010, dopo averne bevuto tanto, iniziano a fare il vino. Hanno una vigna di due ettari divisa tra trebbiano d’Abruzzo, pecorino e pinot nero, poi una piccola vigna dove sperimentano tecniche di permacultura e qualche altro ettaro in affitto.
I loro vini sono naturali nel senso più totale e puro del termine: trattamenti agricoli solo con rame e zolfo, vendemmia manuale, nessuna aggiunta o correzione in cantina, che vuol dire anche niente solforosa, come del resto è scritto anche sulle loro etichette. Oggi producono quasi 30 mila bottiglie, comprando parte delle uve da agricoltori della zona disposti a usare solo rame e zolfo. E vendono in tutto il mondo, tanto che forse sono più famosi all’estero che in Italia.
Per spiegare il nome Lammidia, bisogna andare dalla nonna di Davide e così facciamo, appena scendo dal treno. La signora Antonia indossa quel vestito smanicato in tessuto sintetico fantasia che ogni nonna possiede. E casa sua, come la casa di tutte le nonne, è piena di foto di famiglia, di centritavola ricamati e sedie in legno col cuscino imbottito. Diversamente da tutte le nonne però, Antonia toglie la’mmidia, quell’annoso problema che possiamo grossomodo tradurre come: la sfiga che ti augurano gli altri quando sono invidiosi e che malauguratamente a volte si avvera.
L’aneddoto ufficiale è che nella prima annata di vendemmia la fermentazione non partiva e che solo l’intervento di nonna Antonia ha sbloccato la situazione. Così da allora, ogni annata comincia qui, in questo salotto coi centri tavola e la porta sempre aperta. E qui comincio anch’io il mio viaggio abruzzese: in silenzio a osservare la signora che organizza il suo rituale con una scodella d’acqua, un cucchiaio e tre gocce d’olio.
La mattina seguente ci trasferiamo a Villa Celiera, insieme a un gruppo di lavoro che può contare su fidanzate, familiari di vario grado e collaboratori. In tre giorni vendemmieremo, dirasperemo a mano, torchieremo a mano, torchieremo le stesse uve una seconda volta, trasferiremo con dei secchi vari quintali di mosto dal tino al torchio e viceversa. Come in tutte le piccole cantine, il lavoro si trasforma in un gioco di incastri: per fare spazio alle nuove uve in arrivo, lavare i tini in tempo eccetera. Il mio ruolo è a dire poco marginale, però prima della fine saprò guadagnarmi sguardi di rispetto grazie al lavaggio delle cassette, cioè il gradino più basso del lavoro di cantina.
Quanto ai due vignaioli, mi è chiara la loro cultura e determinazione, che li ha resi capaci di incastrare un mestiere – da vignaioli appunto – in una routine che per entrambi comprende già un altro lavoro, impossibile da abbandonare per ora. Per il resto, sono una di quelle coppie dove uno è riflessivo e preciso, l’altro esuberante e scafato. Tornano a somigliarsi a tavola: quando si tratta di criticare un piatto cucinato da altri – c’è troppo sale, c’è troppo olio. E pare si somiglino anche nelle fiere, dove lasciano il loro banco sistematicamente deserto per disperdersi in giro, bere, scambiare bottiglie con altri produttori.
Vabbè, inutile girarci intorno, la vendemmia da Lammidia è una pacchia. A metà mattina si fa pausa con pane e pomodoro e si stappa la prima bottiglia della giornata. Ci sarà poi anche la pausa merenda e quella aperitivo, pause che comprendono sempre del vino eccezionale: Partida Creus, Costadilà, Gut Oggau, per citarne alcuni.
La mattina c’è chi inizia a cucinare il pranzo, a pranzo si parla di cosa mangeremo a cena, lo zio Gabriele spaccia peperoncini del suo orto promettendo che non sono piccanti, ma sono piccanti eccome. Dal primo giorno iniziano a promettermi il “capretto”, grande specialità locale. E le uova in purgatorio, cioè cotte sopra un letto di peperoni e cipolle. Ogni promessa verrà mantenuta, compreso l’assaggio dei due vanti gastronomici di Villa Celiera ovverosia gli arrosticini e i maccheroni alla Molinara.
Si capisce che vorrei raccontare tutto, ma diventerebbe lungo. Per cui mi concentro su tre scene.
Sono quasi le dieci, è buio. Siamo in quattro intorno alla grata con cui diraspiamo, cassetta dopo cassetta, il trebbiano vendemmiato la mattina. Si tratta di diraspo a mano, cioè di strofinare i grappoli sulla grata finché gli acini si separano dai raspi e cadono nel tino sotto. I grappoli sono perfetti, grossi e pesanti, come li ho visti stamattina quando li tagliavo via dalle piante. Da qui, le uve finiranno in anfora dove fermenteranno e verranno torchiate tre settimane dopo. Alla fine il vino si chiamerà Bianco Anfora.
Il trebbiano in anfora non è certo tipico abruzzese e in effetti nelle chiacchiere con Marco e Davide viene fuori quasi subito: a loro non interessa fare i vini come si fanno in Abruzzo: “noi facciamo il vino in modo che piaccia a noi” mi dice Marco, “mi sembra scontato, ma a volte lo dico e la gente si stupisce”.
È una cosa che si sente nei loro vini anche senza essere degli esperti: sono vini fatti da gente che si diverte a farli. Vini senza Super-io – è lecito deridermi per questa citazione freudiana – dove per Super-io intendo quel composito insieme di norme scritte e non scritte che ti induce a fare un certo vino in un certo territorio, simile a quello che lì si è sempre fatto o si faceva prima, dipende. Tradotto: in una terra di vini corposi, i loro vini sono sono poco alcolici e molto freschi. E se un loro vino in fermentazione minaccia di raggiungere i 13 gradi alcol, lo ribattezzano “il palloso”.
Seconda scena. Davide assaggia un vino in fermentazione, io mi prendo una pausa dal torchio e cerco di capire che fa. “È pinot nero” mi dice mentre misura il grado zuccherino, “lo facciamo in carbonica”. Né il pinot nero, né la macerazione carbonica (un tipo di fermentazione che avviene a grappolo intero in assenza di ossigeno) riflettono alcuna tradizione abruzzese, ma insomma quel concetto l’ho già espresso. Mi interessa più quello che dice dopo: “stiamo sperimentando un consiglio di Daniel Sage per la carbonica, per evitare problemi di volatile”.
Daniel Sage è un produttore che hanno visitato durante un viaggio-studio in Ardèche, così come sono stati in Loira, Borgogna, Alsazia, Austria (la lista è lunga). Ci vanno per incontrare i produttori naturali che ammirano e confrontarsi con loro. Hanno iniziato a fare questi viaggi ancora prima di iniziare a fare vino e ogni volta tornano con idee e tecniche da sperimentare a casa, per cui non credo di esagerare a dire che nei loro vini confluiscono frammenti di cultura da vari angoli d’Europa, testati e poi reinterpretati in chiave locale. Ad esempio il pinot nero è stato diviso in quattro diverse micro-vinificazioni, per studiare l’uva, capire come si comporta.
Terza scena. Resto in cucina dopo un abbondante rumoroso pranzo e scorro con lo sguardo una bacheca che raccoglie le etichette dei vini Lammidia, divise per annate. Mi interessa perché in effetti coi loro vini non ci si capisce niente, sono tanti e cambiano ogni anno, è la prima volta che li vedo tutti insieme. La bacheca racconta la loro storia: la prima annata con solo tre etichette, poi sempre di più ogni anno, fino al massimo di 15 etichette nel 2015; ci sono alcuni vini ormai classici come il rosato, il rosso carbo o il bianco anfora, altri che compaiono e scompaiono da un anno all’altro, a volte esperimenti (il pep&ov), a volte nati per caso (il bianco abbandonato).
La bacheca racconta il loro apprendimento costante, gli errori anche, e le trovate più piacione. E tratteggia bene il quadro di libertà in cui hanno sempre fatto il vino. Libertà ecco, di sfidare la tipicità, mostrando che in quel territorio si può fare anche altro, senza dover ricorrere ad alcuna forzatura agricola o enologica. Libertà, in fondo, di capire cosa viene meglio e di farlo come piace a loro e basta. Nel mondo del vino, dove tutto diventa sacro in un attimo, il loro modo laico e scanzonato di fare i vignaioli è stato per me una boccata d’aria fresca.
Torno al torchio dove ho iniziato la storia: il rosato che nascerà da qui non somiglierà al Cerasuolo tipico di queste parti (che è appunto un rosato di uve Montepulciano). Io dico che dentro avrà molto più territorio di un Cerasuolo DOC con lieviti selezionati e additivi vari. E che con la sua leggerezza finirà per somigliare a chi l’ha fatto, ai pranzi rumorosi, ai peperoncini dell’orto e alla nonna Antonia. Racconterà le persone, che sono parte del territorio tanto quanto il suolo e il clima. Ma è a dire così che divento noiosa, mentre questo rosato è così buono proprio perché non vuole avere ragione.
Sono andata a vedere come nascono i vini naturali di Lammidia in Abruzzo. E devo dire che qui la vendemmia è una pacchia: a metà mattina si fa pausa e si stappa la prima bottiglia della giornata.
Economia del mare, tra nautica e crociere settore in crescita del 2.5%
Un settore che cresce del 2.5% rispetto al 2016 e del 10,5% rispetto al 2011. L’Economia del mare, con le 194.516 imprese presenti nei Registri delle imprese delle Camere di commercio al 31 dicembre 2017 (3,2% del totale tra costa ed entroterra). Il turismo marino esprime quasi due terzi della blue economy (115 mila imprese, somma di ricettività, ristorazione e attività sportive e ricreative). Seguono filiera ittica (quasi 34 mila imprese, 17,3% del totale) e cantieristica (27 mila, 13,9% del totale).
La Liguria si conferma la regione in cui l’economia del mare ha il peso più elevato sul tessuto imprenditoriale locale (9,2% del totale). Altre sei regioni superano la soglia del 4% (circa un punto percentuale al di sopra della media nazionale): tre nel Sud (Sardegna, Sicilia e Calabria, rispettivamente 5,8%, 4,8% e 4,5%, a cui si aggiunge la Campania con 4,0%) e due nel Centro (Lazio e Marche, 5,4% e 4,5%).
Il Lazio è la terza regione in Italia per incidenza delle imprese dell’economia del mare rispetto al totale delle imprese regionali (5,5%). Nella classifica nazionale delle province, invece, Latina, con una quota di incidenza delle imprese dell’economia del mare rispetto al totale delle imprese iscritte del 6,3%, occupa la 22esima posizione (in testa nel Lazio), Roma è 23esima con il 6,2%.
Sono i dati elaborati dal servizio Studi economici e statistici di Si.Camera, contenuti nel VII rapporto nazionale sull’economia del mare e nel III rapporto sul Lazio, diffusi nel corso della “tre giorni” della IV Giornata Nazionale sull’Economia del Mare, la rassegna sulla blue economy organizzata dalla Camera di Commercio di Latina e dall’Azienda Speciale dell’Economia del Mare, in collaborazione con Unioncamere Nazionale e Unioncamere Lazio, svoltasi a Sabaudia e Gaeta.
“Si tratta di numeri importanti per un settore che dà lavoro a 880mila addetti – ha dichiarato Mauro Zappia, commissario straordinario della Camera di Commercio di Latina – Il comparto è in grande salute. Contiamo, nel giro di qualche anno, grazie alla collaborazione di tutti i players istituzionali, di portare anche le grandi navi da crociera nel Lazio Meridionale, territorio che ha ancora notevoli potenzialità da esprimere”.
Il comparto da quest’anno accademico acquista maggiore forza con l’istituzione, per la prima volta in Italia, di un corso di laurea triennale in “Ingegneria delle Tecnologie per il Mare”, promosso dall’Università degli Studi di Roma Tre nella sede di Ostia, “per insegnare ai nostri allievi come utilizzare le risorse di origine marina, come trarre energia dalle onde, dalle correnti e l’energia eolica dalle piattaforme off shore”, come ha spiegato il prof. Andrea Benedetto, direttore dipartimento di Ingegneria di Roma Tre.
Proprio le navi da crociera e i superyacht, insieme ai temi del turismo sportivo, risorsa costiera, pesca e acquacoltura, promozione delle tipicità gastronomiche locali e delle imminenti Universiadi, con la proposta dello stadio del mare nel golfo di Gaeta, sono stati al centro di altri workshop a cui hanno partecipato, tra gli altri, Giancarlo Vinacci, assessore allo Sviluppo Economico del Comune di Genova, in collegamento da New York; Bernardino Quattrociocchi e Andrea Benedetto, dell’Università Roma Tre e La Sapienza; Riccardo Riggillo, direttore generale pesca marittima e acquacoltura Mipaaf; Pier Antonio Salvador, presidente associazione piscicoltori italiani; gen. Raffaele Romano, comandante gruppo sportivo Fiamme Gialle; i vertici della Lega Navale Italiana; Enrica Onorati, assessore all’Ambiente della Regione Lazio; i sindaci di Gaeta e Sabaudia, Cosmo Mitrano e Giada Gervasi; Giovanni Acampora, presidente Confcommercio Lazio; Leonardo Massa, manager Msc; Leonardo Serra, presidente Assonat, Cesare D’Amico, presidente Fondazione Caboto; Francesco Maria di Majo, presidente Autorità di Sistema del Mar Tirreno Centro Settentrionale; Marcellino Monda, presidente del corso di studio di Medicina e Chirurgia dell’Università Vanvitelli di Caserta; Michele Cutolo, consigliere nazionale Movimento Cristiano Lavoratori; i rappresentanti delle marine del Tirreno e dell’Adriatico.
Nel corso della “tre giorni” si sono tenuti dibattiti e confronti dedicati anche all’ambiente, alla pesca e allo sviluppo delle aree marittime. Inoltre, nell’ambito di B2B, buyers francesi e tedeschi hanno incontrato le aziende del settore meccanico e metalmeccanico del territorio (circa 30, la maggior parte della provincia di Latina) ed effettuato visite ai siti produttivi.
Durante l’evento, presentati anche i progetti di alternanza scuola-lavoro con gli studenti degli istituti alberghieri “Filosi” di Terracina e “Celletti” di Formia.
Sorgente: Economia del mare, tra nautica e crociere settore in crescita del 2.5%
Da un on the road in America non si torna più: tutte le nostre sensazioni ed emozioni a caldo.
Stiamo scrivendo questo articolo mentre i sintomi del Jet lag ci stanno abbracciando con enorme affetto (ovviamente non ricambiato). Sono passati pochi giorni da quando le ruote dell’aereo hanno iniziato a strisciare contro la pista di atterraggio. Fisicamente eravamo lì mentre mentalmente eravamo rimasti incastrati tra i parchi nazionali.
Ci chiediamo se si possa tornare da un viaggio del genere.
Ci chiediamo se si possa restringere il proprio campo visivo dall’infinito dei parchi americani, dei grattacieli, dell’oceano per riadattarle alle misure della propria città.
Ci chiediamo se saremo mai in grado di scrollarci addosso la nostalgia delle emozioni forti e dell’adrenalina infinita e continua.
Ci chiediamo se potremmo emozionarci ancora in modo così potente da sbottonare il controllo dei nostri sensi e da sfogarla in una cascata di commozione. Già, ci siamo commossi più volte e noi, non siamo proprio persone che si commuovono facilmente. Anzi, potremmo dire che non lo siamo per niente.
Ci chiediamo se nei futuri viaggi avremo la capacità di dire “wow” senza paragonarlo agli attimi di felicità strappati da momenti che profumavano di perfezione.
L’America ci ha donato tanto e noi abbiamo regalato a lei tutto di noi stessi.
Proprio per questo, arrivati a Los Angeles, ultima tappa del nostro on the road, abbiamo percepito la sensazione di trovarci negli ultimi atti di un meraviglioso viaggio come in una giostra che spesso si inceppava per poi riproseguire.
In altre parole, sapevamo che la fine era vicina e dovevamo vivercela più forte di prima.Una volta toccato i punti principali dell’ultimo giorno, i nostri sorrisi si sono inscuriti dal timore di dover tornare alla vita reale ed abbandonare un sogno.
Non sono mancate due cose storte, due imprevisti, due episodi brutti che ci hanno fatto avere un senso del disorientamento. Uno degli episodi ve lo abbiamo raccontato nella nostra pagina instagram e pagina facebook.
Eppure, il sorriso non ce lo siamo fatti togliere più del necessario.
In fondo, eravamo in A-M-E-R-I-C-A a realizzare un grande viaggio sognato a tal punto da sciuparlo e da esserci documentati su tutto.
Sì, noi abbiamo iniziato a documentarci su tutto appena prenotati i biglietti.
In fondo, essendo il nostro primo viaggio intercontinentale assieme, abbiamo preferito preoccuparci nella fase pre partenza di alcuni argomenti a noi sconosciuti come ad esempio il noleggio auto oppure l’assicurazione di viaggio.
Questo tema ci preoccupava tantissimo perchè solitamente nei viaggi nelle Filippine non eravamo responsabili di occuparcene in prima persona.L’America è un paese fantastico sotto diversi punti di vista ma, a livello sanitario, non offre la completa assistenza medica alla quale la cara Europa ci ha abituato. Tra le varie opzioni, che potrete trovare in rete, c’è quella dell’assicurazione viaggio proposta dalla compagnia assicurativa AIG. Non smetteremo mai di raccomandarvi di assicurarvi perchè spendere una cifra in prevenzione permette di risparmiare tanti pensieri e problematiche in caso di bisogno.
Ci sentiamo di dire senza paura che questo è stato il nostro viaggio più bello assieme.
Ci sentiamo di dire che è stato anche quello in cui abbiamo avuto più ansia ed adrenalina pre partenza addosso.
Ci sentiamo di dire che è stato il viaggio in cui abbiamo sfidato strade deserte e chilometriche ad ogni nostro spostamento in macchina.
Ci sentiamo di dire che è stato il viaggio in cui la natura ha dominato nella grandezza e la bellezza di ogni singolo parco dell’America.
Ci siamo immersi nel silenzio della natura interrotto solamente dal soffio del vento forte che ci ha accompagnato.
Subito dopo, ci siamo poi rituffati nel caos degli incroci e corsie delle grandi città dove sembra non esserci spazio sufficiente per chiunque in ora di punta.Ci siamo sentiti adulti quando abbiamo visitato alcune tappe dell’itinerario e siamo tornati bambini dentro a Las Vegas e Universal studios.
Ci siamo innamorati dei pochi motel che abbiamo preso (pentendocene) quando durante la partenza, complici i film e telefim, li temevamo.
E’ stato il viaggio dei contrasti per eccellenza: in fondo, è proprio grazie a questo che l’America ha molto da offrire per qualsiasi tipologia di persona.
Dopo 18 giorni in cui avevamo fatto continui spostamenti, sentivamo la stanchezza affiancarci come una persona molesta che cerca di stringerti la mano per presentarsi. Noi non le abbiamo mai ricambiato la stretta di mano perchè la voglia di scoprire ogni singolo punto ci faceva dimenticare di lei.
Se ripensiamo al nostro itinerario prefissato, di cui vi abbiamo parlato nell’articolo precedente, siamo più che soddisfatti. Abbiamo dovuto rinunciare solo ad un canyon a causa della lontananza e a causa delle giornate più corte legate al periodo dell’anno. Sarebbe stato infattibile dover fare 7 ore di guida. Inoltre, noi amiamo viaggiare senza scadenze o limiti di tempo per poterci godere a 360 gradi ciò che viviamo. Proprio per questo, abbiamo rinunciato. In fondo, ha più senso vedere una sola cosa ma con calma piuttosto che vederne di più ma male.
Nonostante questa piccola rinuncia siamo felici perché il Bryce Canyon sarà una buona scusa per poter tornare ad ammirare questi angoli della natura.
Grazie di tutto America
grazie a tutte le persone che chi ci sono stati vicine seguendoci nel viaggio
(con il loro splendido appoggio anche nei momenti di aiuto).
Sorgente: Da un on the road in America non si torna più – DESTINAZIONE MONDO 20
Benvenuti nella happy island dei Caraibi… Aruba! Piccola isola posta a 20 km dalle coste venezuelane, Aruba con i suoi 30 km di lunghezza e 9 km di larghezza, è tra le isole più ricercate per passare una vacanza di mare, relax e divertimento.
Nella parte sud/ovest dell’isola si trovano km di spiagge con sabbia color borotalco e un mare da mozzare il fiato. Qui si concentra la maggior parte della vita e del turismo. Nella parte nord/est invece troviamo un paesaggio più brullo e una costa più frastagliata. L’entroterra è caratterizzato da una folta boscaglia, numerose varietà di cactus e meravigliose formazioni rocciose.
Gli alberi più famosi dell’isola sono i “watapana”, anche detti divi-divi, scolpiti in graziose forme piegate a sud ovest dai costanti venti alisei. Grazie alla sua posizione, Aruba rimane fuori dalle traiettorie degli uragani, per questo e grazie anche ai suoi 28° di media tutto l’anno, è l’isola dei Caraibi che vanta più giorni di sole e dove ogni stagione è perfetta per potervi soggiornare.
Sull’isola vivono 104.000 abitanti, di 79 nazioni diverse. Ciò che fa di Aruba un mix etnico e di apertura che caratterizzano l’isola. Gli abitanti che discendono soprattutto dai coloni Europei (olandesi in primis), parlano 5 lingue, tra cui inglese, olandese e spagnolo. Questo vivere sereno (da qui l’appellativo happy island), ha fatto sì che ancora oggi è scelta come isola dove poter andare a vivere definitivamente, soprattutto dagli americani.
Oggi Aruba fa parte delle Antille Olandesi, anche se dal 1° gennaio 1986 è diventata un’entità separata rispetto al Regno d’Olanda. Il governo olandese è comunque ancora responsabile di alcuni aspetti politici, come la difesa e gli affari esteri. Oranjestad è la capitale, con i suoi 30.000 abitanti, è un mix di stile coloniale olandese e spagnolo. Si trova nella vivace costa sud ed è caratterizzata da vivaci colori pastello che vanno dal giallo al rosa all’azzurro. Ci sono poi piccoli musei, localini e negozi per lo shopping.
A 19 km dalla capitale, troviamo San Nicolas. Fino a 30 anni fa era un paesino che viveva intorno alla raffineria di petrolio presente al largo delle coste di Aruba, oggi invece è una allegra cittadina, famosa soprattutto per il suo Carnevale, che ogni giovedì riempie le stradine di arubani e turisti, in un susseguirsi di balli e canti. Un locale famoso della città è il Charlie Bar aperto negli anni ’40, è diventato un luogo di incontro non solo per gli abitanti, ma anche per i turisti che vogliono conoscere la vera essenza di Aruba.
Ma la vera attrazione ad Aruba sono le sue spiagge. Palm Beach, la spiaggia più vivace dell’isola. Qui troviamo la maggior parte delle catene alberghiere, locali notturni e casinò. Non mancano locali dove poter cenare e negozi per lo shopping. Ma non dimentichiamo che la sua caratteristica è la bellissima spiaggia, con sabbia borotalco e mare cristallino, adatta a tutti, grandi e piccini.
Eagle Beach è più tranquilla ed adatta a chi cerca relax e vuole stare fuori dal caos. Caratterizzata da spiagge grandi e incontaminate. Qui troviamo i famosi alberi di Aruba i Divi Divi, ormai un simbolo di riconoscimento di Aruba. Appena superata la zona degli alberghi più piccoli c’è Manchebo Beach, tratto di spiaggia molto ampio e pianeggiante è costellato da palme e beach lounge. Situata nel punto più occidentale dell’isola, la Manchebo Beach è molto ampia ma leggermente più esposta ai venti.
Numerose sono le spiagge: Druif beach, lunga e stretta color avorio, Hangel Halto, caratterizzata dalla presenza di mangrovie, adatta per pic nic e per chi ama fare snorkeling grazie alle sue acque calme. Rodgers Beach, dove di solito i pescatori lasciano a riposo le loro barche, dopo le battute di pesca. Ma assolutamente da non perdere è Baby Beach, all’estremità sud-orientale dell’isola. Baby Beach è una spiaggia di sabbia a mezza luna che circonda una laguna calma come una piscina, con un punto di ristoro e alcune capanne. Le sue acque poco profonde permettono di nuotare per lunghe distanze ed ancora toccare il fondo.
Andando verso nord troviamo altre spiagge: Hadicurari Beach, il cui nome significa “Capanne dei Pescatori”, meta ambita degli amanti del windsurf e il kitesurf e dove si svolgono numerose manifestazioni sportive e tornei durante tutto l’anno. Boca Catalina è una piccola baia appartata raggiungibile tramite una scalinata, luogo ideale per un fare un bagno in totale tranquillità a contatto con la natura.
Malmok Beach, stretta lingua di sabbia con alle spalle una serie di casette e appartamenti solitamente usate dai surfisti. Arashi Beach si trova a nord di Malmok Beach, ai margini di una bella zona residenziale costeggiata da un paesaggio arido e lunare che si sviluppa lungo la tortuosa strada che porta fino al maestoso Faro California. Più selvaggia, ma altrettanto incantevole è la parte nord dell’isola.
Qui lo scenario è completamente diverso e il turista potrà ammirare insenature scolpite dal calcare, rientranze create dall’infrangersi delle onde, scoscesi terreni desertici, scogli e rocce frastagliate, grotte naturali scavate nella roccia calcarea e insenature in cui le onde del mare si infrangono.
Questa zona presenta bellissime spiagge come: Wariruri Beach, una caletta di sabbia con un pittoresco ponte naturale. Boca Grandi, una baia semicircolare protetta dalla barriera corallina ideale per il surf. Boca Prins, una piccola e appartata insenatura situata tra rocce calcaree e candide dune di sabbia. Dos Playa, spiaggia caratterizzata da due grotte scavate nella scogliera calcarea. E’ proprio su questo versante dell’isola che si sono creati circa un milione di anni fa degli incredibili ponti naturali, ed è proprio qui che sorge il bellissimo parco Airkok, una riserva naturale che ricopre il 18% della superficie di Aruba.
All’interno si trovano siti storici, formazioni geologiche uniche, e una variegata flora e fauna. La fauna selvaggia vanta il cascabel (il serpente a sonagli locale) e il santanero (serpente dagli occhi di gatto), lo shoco (il gufo scavatore), il prikichi (il parrocchetto di Aruba) e il kokodo blauw (una particolare lucertola). Oltre a questi unici esemplari, il Parco costituisce l’habitat di numerose specie di uccelli e iguane e sulle sue colline pascolano liberamente asini e capre. Sempre all’interno del parco, gli amanti delle camminate, possono trovare sentieri per 32 km di percorsi.
Per ultima, ma non meno importante è sicuramente la visita a Renaissance Island alla Flamingo Beach, ovvero alla spiaggia dei fenicotteri rosa. Isola privata e solo per gli adulti, qua si ha la possibilità di fare il bagno con questi meravigliosi e delicati uccelli. Come potete vedere Aruba non è solo per gli amanti degli sport acquatici: serf, kitesurf, snorkeling, diving, pesca d’altura, ma anche trakking, camminate e per gli amanti del golf, ci sono tra i migliori campi a buche del mondo. Non manca la vita notturna, i ristoranti e i localini dove passare delle piacevoli serate all’insegna del divertimento o del romanticismo.
Aruba è un’isoletta dalle mille sorprese, un’happy island appunto…tutto l’anno! Come sempre vi invito a visitare la mia pagina fb Viaggiare con Grazia. Da due settimane poi ho ripreso a lavorare in agenzia viaggi e vi invito a vedere le proposte del mio network qui o sulla pagina FB dedicata.
Sorgente: Viaggiare con Grazia… Aruba – Beauty, Fashion, Lifestyle and more…
Da quelle per prenotare il volo a quelle per trovare alternative (magari in camper) fino alle piattaforme per saltare la fila e trovare l’esperienza giusta
È partito il conto alla rovescia ponte di Ognissanti, quattro giorni – da giovedì a domenica – che rappresentano una ghiotta occasione per staccare la spina dalla quotidianità. Secondo i numeri diffusi da Federalberghi partiranno circa 7 milioni e 304mila italiani, con un lieve incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La stragrande maggioranza trascorrerà la propria vacanza in Italia (88%), solo l’11,7% andrà all’estero. La spesa media sarà di circa 326 euro a testa fra trasporto, vitto, alloggio e divertimenti, con un giro di affari complessivo di circa 2,38 miliardi di euro.
Già deciso cosa fare? Chi resterà in Italia predilige le città d’arte (28%), la montagna (27,6%) e il mare (17,1%). Buone performance anche per i laghi (4,5%) e le località termali (4,2%). Mentre per chi s’imbarcherà per l’estero le destinazioni più ambite sono le grandi capitali europee (63,2% dei casi, un grande classico d’autunno). Il 13,2% andrà però al mare, il 7,9% nelle grandi capitali extra-europee e il 5,3% in montagna.
Ma per chi organizza all’ultimo minuto, la tecnologia può essere d’aiuto. Ecco alcune soluzioni smart fra app e piattaforme che danno una mano a trovare le migliori per gite fuori porta, i posti in cui mangiare, gli eventi imperdibili, i biglietti introvabili o qualche idea per “farlo strano”.
Il primo suggerimento non può che ruotare intorno al cibo. Gnammo è la prima piattaforma italiana di social eating. Grazie a cene sociali e corsi di cucina è possibile mettersi ai fornelli, mangiare e incontrare nuove persone semplicemente registrandosi sul sito (ma c’è anche l’app per iOS), che in Italia coinvolge ormai – e da anni – diverse decine di migliaia di utenti. Un modo per tenere sotto controllo il budget per il cibo e fare esperienza da veri “local”, profonda tendenza del turismo contemporaneo.
A chi ha poco tempo per organizzare gli spostamenti per il proprio viaggio è invece dedicata un’applicazione da consultare per scegliere il mezzo di trasporto più economico e veloce. L’unico motore di comparazione che oltre a treni ed aerei permette di confrontare in un’unica schermata anche le offerte di viaggio in car sharing e autobus, per raggiungere ad esempio località non servite da aeroporti e grandi stazioni. Ma di piattaforme simili, come GoEuro (voli, treni e bus), ce ne sono moltissime.
Così come per prenotare all’ultimo minuto il volo più economico. Si va da Voli.eurotour.it, pioniere dei motori di ricerca per tratte aeree dove si possono comparare compagnie aeree tradizionali. In particolare, su eurotour.it.com vengono anche suggerite soluzioni come l’utile mix & match (andata e ritorno con compagnie diverse) e i pacchetti vacanze che permettono di risparmiare fino al 30%.
A quanto pare, comunque, gli italiani – che trascorreranno in media tre notti fuori casa – potrebbero cavarsela da soli, in termini di alloggio: l’abitazione di parenti o amici sarà infatti l’alloggio preferito dal 30,8% dei viaggiatori seguito dall’albergo(23,7%) e dalla casa di proprietà (11,4%). Se ci si volesse lanciare in qualcosa di più avventuroso, meteo permettendo, può avere senso salire a bordo di un camper con Yescapa (iOS, Android e desktop) la piattaforma di camper-sharing tra privati leader in Europa che propone una soluzione chiavi in mano per un viaggio itinerante.
La dimensione viaggio digitale è ormai totalizzante. Il 60,3% degli intervistati, stando alle cifre di Federalberghi, dichiara infatti di utilizzare i social media e la rete per decidere o quantomeno informarsi sull’offerta nelle diverse località, sui prezzi e sulle strutture di interesse (52,5% nel 2017). Ma anche per scoprire cosa vedere, come divertirsi, come prenotare i biglietti per le visite a musei ed eventi, organizzare al meglio i propri itinerari quando si è in vacanza, serve un buon amico di viaggio su smartphone. Un amico come Yamgu (iOS, Android e desktop), servizio di You Are My GUide che aiuta a programmare la vacanza in ogni dettaglio con suggerimenti, biglietti e itinerari, in Italia e nelle principali capitali europee.
Allo stesso modo, se si è deciso di rimanere in città ma si ha voglia di qualcosa di nuovo o si è in viaggio e si vuole individuare le attività migliori da vivere, Musement è l’app azzeccata. Si tratta di una sorta di personal concierge digitale per attività turistiche e prenotazioni in tutto il mondo, disponibile in 450 città e 50 paesi. L’app per smartphone (iOS e Android) e la piattaforma permettono di scoprire e prenotare esperienze da vivere, ovunque si scelga di trascorrere la breve vacanza, dando accesso a un universo di attività.
Sorgente: Ponte di Ognissanti, app e piattaforme per viaggiare senza stress – GQItalia.it
Fare il beauty da viaggio per un weekend lungo è un’impresa. Se partiamo in aereo, l’incubo della bustina di plastica con i liquidi è sempre in agguato. Se partiamo in treno o in auto, dobbiamo comunque fare i conti con lo spazio del bagaglio (non vorrete mica partire con il baule per stare in giro 3 giorni, no?).
Inoltre, bisogna tenere in considerazione il clima del posto dove si sta andando: tra Lisbona e Copenhagen c’è una bella differenza in tutte le stagioni dell’anno e, come spiega l’Estetista Cinica, ogni clima vuole la sua beauty routine.
Il mio metodo per avere sempre i prodotti più adatti alla stagione, in formati che possano viaggiare anche in aereo, è l‘abbonamento ad una beauty box. La mia preferita è Abiby, per la selezione dei marchi e dei prodotti, che sono spesso di nicchia o comunque non semplici da trovare.
In questo modo, approfitto della vacanza per provare prodotti e trattamenti. Ma nel mio beauty ci sono anche punti fermi.
Beauty da viaggio, gestire i liquidi
Se partite in aereo, dovete seguire la regola “Massimo 10 prodotti da non più di 100 ml ciascuno“. Ecco lista minima dei prodotti che servono.
- Crema idratante: deve andare bene sia per la sera, sia per la mattina. La crema Dermalogica che ho ricevuto con Abiby è perfetta allo scopo (50ml), ideale per pelli miste.
- Contorno occhi: approfitterò della vacanza per provare il siero al melograno Dr Botanicals. (15 ml)
- Maschera Viso: i weekend fuori sono gli unici in cui riesco ad approfittare del tempo libero e fare una maschera in santa pace.
La linea al melograno Dr Botanicals comprende anche una mascheranotte antiossidante. (30 ml)
- Shampoo e Balsamo: posso anche fare a meno del balsamo per un paio di giorni. In viaggio porto sempre Planter’s all’aloe vera. Questo solitamente lo travaso in contenitori più piccoli.
- Maschera capelli: Mai buttare i campioncini che regalano i parrucchieri o che si trovano nelle riviste. Sono utilissimi in viaggio.
- Detergente Struccante: lo Spumone dell’Estetista Cinica ha il vantaggio di essere compatto e di entrare nella famigerata bustina di plastica aeroportuale. (100ml)
- Crema corpo: non ho particolari preferenze in merito, solitamente parto con le bustine – campioncino che regalano da Khiel’s. Se entrate in negozio, potete chiederle senza dover acquistare nulla.
- Dentifricio: ruba sicuramente posto a qualcosa, ma mi pare essenziale portarselo dietro.
Tra i liquidi rientrano anche il mascara e le tinte labbra, quindi regolatevi di conseguenza.
Beauty da viaggio: il makeup
Quando parto, mi ritrovo sempre a infilare nel beauty da viaggio gli stessi trucchi. Li trovate qui, nell’articolo dedicato a chi vuole truccarsi senza tanti sbattimenti.
North Yungas Road, Bolivia
Il percorso da La Paz a Coroico, in Bolivia, è di quelli insidiosi: la North Yungas Road si muove attraverso la foresta pluviale amazzonica a più di 4 chilometri e mezzo. Se pensiamo all’altezza spaventosa, per non parlare della corsia unica larga 3 metri e mezzo, della mancanza di guardrail e della visibilità limitata a causa della pioggia e della nebbia, è facile capire perché questo tratto di autostrada di 80 chilometri si sia guadagnato il soprannome “The Death Road”. La North Yungas Road in passato contava abitualmente da 200 a 300 morti all’anno, oggi è diventata più che altro una destinazione per avventurosi appassionati di mountain bike.
Nagoro, Giappone
Nagoro è un piccolo villaggio giapponese con una caratteristica davvero notevole: una popolazione di bambole a grandezza naturale che supera di gran lunga la popolazione umana. I residenti-giocattolo sono opera di Tsukimi Ayano, che ha iniziato a fare copie di bambole dei suoi vicini dopo la loro morte o quando si trasferivano altrove. Gli inquietanti doppioni possono essere visti in varie posizioni in città, pescatori seduti sulla sponda del fiume, studenti che riempiono intere aule, coppie anziane che riposano su panchine fuori dagli edifici. Ora a Nagoro ci sono circa 350 bambole e meno di 40 umani che respirano, il che rende la città un giocattolo eccentrico e alquanto terrificante.
Hill of Crosses, Lituania
Un numero abnorme di croci campeggia in questo luogo nel nord della Lituania a partire dal XIV secolo, e per vari motivi: durante tutto il periodo medievale, le croci espressero il desiderio dell’indipendenza lituana. Poi, dopo una rivolta contadina del 1831, la gente cominciò ad aggiungerle al sito in memoria dei ribelli morti. La collina divenne un luogo simbolo ancora una volta durante l’occupazione sovietica dal 1944 al 1991. La collina e le croci furono demolite dai sovietici tre volte, ma i locali continuarono a ricostruirla. Ora ci sono più di 100.000 croci che si affollano lì, scontrandosi nella brezza come inquietanti campanelli.
Bare sospese di Sagada, Filippine
Se vuoi far visita ai morti a Sagada, dovrai alzare gli occhi al cielo, anziché rivolgerli verso la terra. Le persone di questa regione sono famose per l’abitudine di seppellire i loro morti in bare attaccate ai lati delle scogliere, come una sezione aerea del cimitero. La tradizione risale a migliaia di anni fa: intagli la tua bara, muori e vieni issato vicino ai tuoi antenati. Molte delle bare della scogliera hanno centinaia di anni e sono tutte completamente diverse l’una dall’altra, perché sono state fatte appositamente dalla persona che ora riposa al loro interno.
Ospedale Beelitz-Heilstätten, Beelitz, Germania
Se questo vecchio ospedale tedesco sembra inquietante, beh, lo è. Tra il 1898 e il 1930, il complesso di Beelitz-Heilstätten fungeva da sanatorio per la tubercolosi. Ospitò anche vittime di gas e mitragliatrici durante la prima guerra mondiale, tra cui un giovane soldato di nome Adolf Hitler, che era stato ferito a una gamba. In seguito, l’ospedale divenne un importante centro di cura per i soldati nazisti durante la seconda guerra mondiale e fu utilizzato come ospedale militare sovietico dal 1945 fino alla caduta del muro di Berlino. Oggi alcuni reparti ospedalieri sono utilizzati come centro di riabilitazione neurologica, sebbene la maggior parte del complesso sia abbandonata. La chirurgia e i reparti psichiatrici sono stati entrambi lasciati al degrado e lasciano il posto alla natura (e ai vandali).
The Great Blue Hole, Belize
Situata a circa 10 chilometri al largo della costa del Belize, la Lighthouse Reef vanta bellissimi coralli e acque turchesi poco profonde e… un dislivello che supera i 120 metri di profondità. È il Great Blue Hole, un inghiottitoio perfettamente circolare di circa 300 metri al centro dell’atollo. I sommozzatori si affollano sul luogo per assistere allo spettacolo unico, che include imponenti stalattiti e stalagmiti sottomarine che si sono formate durante l’ultimo periodo glaciale. La formazione di calcare che circonda la grotta verticale si trova a circa 12 metri sotto la superficie, un salto dritto verso l’ignoto. Per apprezzare quanto sia incredibile questa esperienza, dai un’occhiata al video virale del campione del mondo Guillaume Nery che si tuffa direttamente nel Blue Hole.
L’isola delle bambole, Xochimilco, Città del Messico
Nonostante la sua storia e il suo status di sito Patrimonio dell’Umanità, Xochimilco è conosciuta principalmente da turisti più morbosi per la sua Isla de las Munecas, o l’Isola delle Bambole. Nascosto tra i numerosi canali della zona, il sito è famoso per le centinaia di bambole e parti di bambole appese agli alberi e sparpagliate tra l’erba. Anche se sembra più un set di un film dell’orrore che altro, il chinampa (simile a un’isola artificiale) era la residenza di un uomo defunto di nome Julian Santa Barrera. Dopo aver trovato il corpo di una ragazza morta in un canale vicino, Barrera raccolse ed espose i giocattoli nella speranza di allontanare gli spiriti maligni. Le anime audaci possono noleggiare una barca, cercare di convincere l’autista a fare una visita e vederla in modo sicuro dall’acqua.
Catacombe dei Cappucini, Palermo
Di tutte le catacombe del mondo, da Salisburgo a Parigi, nessuna è tanto inquietante quanto le Catacombe dei Cappucini siciliane. Lo spazio macabro fu creato nel tardo XVI secolo. Originariamente, i monaci dovevano essere gli unici residenti delle catacombe, ma una volta che divennero noti i processi naturali di mummificazione che venivano praticati qui, divenne subito uno status symbol per i cittadini locali possidenti quello di provare a guadagnarsi un posto eterno (nei loro migliori vestiti, ovviamente ). Per questo motivo, le tombe sotterranee ora contengono circa 8.000 corpi suddivisi in corridoi separati, tra cui uno per le figure religiose, uno per gli uomini professionisti, uno per i bambini e anche uno per le vergini. I cadaveri sono esposti come l’esposizione di un museo, vestiti a festa e disposti in modo grottescamente realistico.
Cristo degli Abissi, San Fruttuoso, Italia
Sebbene ci siano diverse versioni della stessa statua di Gesù sparse sul fondo dell’oceano, la versione originale si trova nel Mar Mediterraneo al largo della costa di San Fruttuoso. La statua alta due metri fu commissionata dal tuffatore italiano Duilio Marcante nel 1954. Marcante voleva mettere una specie di memoriale nel punto esatto dove morì il suo amico Dario Gonzatti mentre si tuffava qualche anno prima. Il risultato è vagamente inquietante, specialmente per le braccia allargate della divinità e lo sguardo verso l’alto. Le alghe e la corrosione non fanno che aumentare l’effetto, sebbene la statua sia stata temporaneamente rimossa nel 2003 per alcuni restauri (inclusa la sostituzione di una mano che un’ancora aveva rotto). Indipendentemente dal fatto che qualcuno trovi il monumento inquietante o affascinante (o entrambe le cose), vale sicuramente la pena di fare un tuffo di 17 metri per scattare un selfie sott’acqua con Gesù.
Foresta di Aokigahara, Prefettura di Yamanashi, Giappone
Questa foresta apparentemente tranquilla ai piedi del monte Fuji ha una storia estremamente tormentata. Nota come “Foresta del suicidio“, Aokigahara è il secondo sito al mondo per suicidi (dopo il Golden Gate Bridge): solo nel 2010, 247 persone hanno tentato di togliersi la vita e 54 di loro ci sono riuscite. Alcuni incolpano di questo fenomeno l’associazione tra la foresta e i demoni della mitologia giapponese. Altri puntano verso la densità degli alberi, che soffoca il suono e rende estremamente facile perdersi. Molti escursionisti segnano il loro percorso con un nastro o una corda per facilitare la risalita. Questo, combinato con l’aspersione di vestiti e lettere in tutto il labirinto del bosco, conferisce ad Aokigahara una terrificante atmosfera tipo Blair Witch che incontra il labirinto di Cnosso, che fa davvero gelare le ossa.
Ossario di Sedlec, Kutná Hora, Repubblica ceca
L’incredibile Ossario di Sedlec è una piccola cappella situata sotto la Chiesa cimitero di Ognissanti, conosciuta in tutto il mondo per il suo arredamento macabro. All’inizio del 1300, un abate del monastero di Sedlec portò un po’ di “terra santa” da Gerusalemme e la sparse attraverso il cimitero della chiesa, e improvvisamente tutti volevano essere sepolti in quel sacro terreno. Ma la sovrappopolazione prese il sopravvento e i vecchi corpi furono dissotterrati per fare spazio a nuovi cadaveri. Gli abati decisero di usare le ossa riesumate. Un intagliatore locale ceco František Rint ebbe il difficile compito di organizzare la raccolta di oltre 40.000 resti umani in modo visivamente impressionante. Le strutture ossee includono quattro candelabri, uno stemma di famiglia e diversi stendardi di ossa che cadono dal soffitto. L’esposizione più sbalorditiva è probabilmente il massiccio lampadario della chiesa, che contiene quasi ogni osso del corpo umano.
Haw Par Villa, Singapore
Haw Par Villa è un parco a tema situato a Singapore, ma è praticamente l’esatto opposto di Disneyland. Il suo ingresso colorato di archi in stile cinese sembra abbastanza innocuo, ma in realtà entri e ti accorgi che Haw Par Villa è ricoperta da più di 1.000 statue, ciascuna più strana dell’altra. I dieci gironi dell’inferno sono le caratteristiche principali di Haw Par Villa. L’intenzione è quella di insegnare ai bambini il concetto di moralità, i diorami ritraggono severe modalità di punizione, accompagnate da un cartello che spiega il peccato che ha giustificato tali punizioni. Troverai gente tagliata a metà da una sega gigante (reato: uso improprio dei libri), smembrata (crimine: barare sugli esami), o gettata su una collina di coltelli (crimine: strozzinaggio).
Pripyat, Ucraina
Se mai esistesse un premio dedicato ai luoghi abbandonati più misteriosi di tutto il mondo, allora andrebbe di diritto a Pripyat. Fondata nel 1970, la città aveva raggiunto una popolazione di quasi 50.000 persone quando fu completamente evacuata dopo il disastro di Chernobyl nel 1986. Pripyat è rimasta una città disabitata dopo l’evacuazione, sebbene gli edifici, i mobili e tutti gli altri segni di vita siano esattamente dove i suoi ex cittadini li hanno lasciati. Libri devastati dalle intemperie sono ancora nelle aule, le bambole in decomposizione giacciono abbandonate nei presepi e le fotografie sono ancora nelle loro cornici originali. Oggi, il punto di riferimento più famoso è la ruota panoramica del parco dei divertimenti di Pripyat, un ricordo scheletrico di ciò che era un tempo.
Poveglia, Venezia
Secondo una leggenda veneziana, quando un uomo cattivo muore, si sveglia a Poveglia. L’isola, a sud di Venezia, è ora nota come uno dei luoghi più infestati al mondo. Si ritiene che vi siano 160.000 corpi sepolti lì: vittime della peste, lebbrosi e pazienti psichiatrici. Negli anni ’20, l’isola divenne un ospedale e un centro psichiatrico, dove si praticavano tecniche crudeli e insolite, il che portava molti pazienti a suicidarsi, gettandosi dal campanile più alto. Un tempo erano i turisti in cerca di brividi e i fotografi avventurosi a visitare l’isola per uno dei viaggi notturni più spaventosi di sempre, ma l’isola è stata recentemente venduta ed è in fase di ristrutturazione. I piani per la nuova Poveglia non sono ancora stati resi disponibili, ma si dice che i nuovi proprietari stiano costruendo un hotel, aggiungendo un po’ di conforto all’isola che si dice sia fatta per metà di rovine e metà di cenere umana.
Ponte di vetro di Zhangjiajie, Cina
Il ponte con il fondo in vetro più alto del mondo è stato aperto nel 2016 a Zhangjiajie e non è per i deboli di cuore. Il ponte lungo 430 metri offre ai visitatori una vista a 300 metri di altezza sulla lussureggiante e spettacolare valle sottostante. Come se camminare non fosse abbastanza spaventoso, i visitatori nel giugno 2016 hanno assistito a un terrificante esperimento sulla sicurezza che coinvolgeva un giornalista della BBC che colpì il viale di vetro con un martello.
Buon lavoro!
Dalla Cina alla Croazia, le 10 mete più economiche d’autunno
I city break e i viaggi all’insegna dei giri turistici sono due dei tre più popolari trend del 2018, per cui se sogni una vacanza in una città con panorami da cartolina che non ti faccia rompere il salvadanaio, non cercare oltre.
Quasi la metà dei viaggiatori in tutto il mondo (il 45%) afferma che visitare siti storici è un buon motivo per viaggiare, per cui unisciti a loro e passeggia per stradine acciottolate scoprendo uno o più degli incantevoli centri storici raccomandati dai nostri viaggiatori.
Tallinn, Estonia – Con le sue guglie medievali, i tetti spioventi e i cortili nascosti, il trecentesco centro storico di Tallin sembra proprio uscito da una fiaba. E come tutte le fiabe, cela un lato oscuro: non tutti sanno infatti che sotto il selciato di questa città si trova un sistema di tunnel difensivi che ti farà rivivere un pezzo di storia estone, dall’occupazione svedese del 1600 ai rifugi antiaerei durante la Seconda Guerra Mondiale.Quando andare: l’alta stagione inizia a maggio e finisce a settembre, con prezzi alti e stabili durante tutto il periodo. Tuttavia, l’atmosfera di Tallin è ancora più magica alla fine dell’autunno, per cui approfittane per visitarla a novembre, per evitare le folle estive e usufruire di prezzi che sono il 20% più convenienti rispetto al mese più caro dell’anno.
Pingyao, Cina – L’antica città fortificata di Pingyao è stata edificata nel 14° secolo e le sue mura difensive sono spesso considerate le meglio conservate di tutta la Cina. Oggi la città è un sito Patrimonio UNESCO e mantiene l’aspetto che aveva ai tempi delle dinastie Ming e Qing. Qui potrai visitare il millenario Tempio della Letteratura per scoprire la filosofia di Confucio e camminare lungo le mura e le torri d’osservazione per ammirare la straordinaria architettura della città.Quando andare: i prezzi più alti si trovano a gennaio e a febbraio per via del Capodanno Cinese, e poi a luglio e agosto, per via dell’estate. La città è invece più abbordabile tra settembre e dicembre. Per visitarla nel periodo più tranquillo (ed economico) in assoluto, scegli dicembre, quando i prezzi sono il 30% più convenienti del periodo più costoso dell’anno. E con un po’ di fortuna potrai apprezzare questa antica città coperta da un fitto strato di neve.
Cattaro (Kotor), Montenegro – L’antica città di Kotor (Cattaro in italiano) non è solo inserita nella lista dei Patrimoni UNESCO, ma è anche una delle città medievali meglio conservate sull’Adriatico. Scala la Fortezza di San Giovanni per goderti la fantastica vista sul centro storico oppure fai una gita in barca fino alla Madonna dello Scalpello, una chiesa cattolica situata su un’isoletta nelle Bocche di Cattaro. Quando andare: evita la folla e le navi da crociera e visita Cattaro fuori dallalta stagione (luglio e agosto). I prezzi sono il 50% più economici a partire da novembre, quando ancora il tempo riserva delle belle giornate di sole.
San Antonio de Areco, Argentina – Scopri il passato gaucho dell’Argentina e avventurati nella pampa, tipica pianura argentina priva di alberi: San Antonio de Areco è una cittadina fondata nel 1730 ed è un must se decidi di esplorare la pampa partendo da Buenos Aires. Visita il museo gauchesco per farti una cultura sulla vita e sul folklore relativo a questa celebrata tradizione sud americana e poi passeggia per i viali coloniali settecenteschi o visita uno dei ranch nelle vicinanze.Quando andare: le tariffe lievitano a gennaio e febbraio e poi di nuovo a luglio, ma se vai a ottobre o novembre troverai prezzi il 20% più bassi del periodo più caro dell’anno. A novembre puoi anche assistere alla Fiesta de la Tradición, una settimana di celebrazioni che mette in mostra la cultura e l’equitazione gauchesche.
Norimberga, Germania – Con la sua architettura medievale, l’imponente castello imperiale e i numerosi siti storici, la seconda città più grande della Baviera è un’alternativa accogliente e rilassata a Monaco. Esplora la storia tedesca al museo ferroviario o al Germanisches NationalMuseum, che ospita, tra le altre cose, il mappamondo più antico al mondo.Quando andare: a Norimberga i prezzi sono abbastanza bassi tra settembre e novembre. Se vai a settembre potrai approfittarne per partecipare al Volk
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Tutti i modi per noleggiare un’auto.
Auto, si cambia. Se fino ad oggi la proprietà di un veicolo è stata la formula più diffusa, mentre il noleggio o addirittura il leasing sono stati a lungo appannaggio esclusivo dei professionisti o delle aziende, con l’arrivo del car sharing si sono mescolate le carte. La possibilità di affittare un’auto per un tempo limitato ha spalancato le porte a nuove formule di noleggio a breve e a lungo termine, avvicinando i privati alla pratica del leasing e portando a un livello più alto la concorrenza tra i protagonisti del settore. Non solo in vacanza. In molti prevedono offerte per i fine settimana, consentendo agli automobilisti di affrontare la gita fuoriporta con un’auto diversa dalla propria. Inoltre è cresciuto il noleggio delle auto sportive o delle supercar, con pacchetti sempre più completi che consentono agli appassionati di guidare auto esclusive anche solo per poche ore. Il noleggio a lungo termine ha abbattuto i muri e la diffidenza dei privati che hanno iniziato a coglierne i benefici, soprattutto grazie a contratti, studiati su misura per ogni esigenza. A questo ha contribuito la crescita del leasing, una sorta di noleggio a lungo termine, alla fine del quale l’automobilista può decidere se acquistare l’auto o se restituirla alla compagnia con la possibilità di prenderne un’altra con la stessa formula. La svolta sono le offerte all inclusive, per cui l’automobilista deve pagare un canone fisso mensile in cui rientrano tutti gli oneri amministrativi, fiscali e assicurativi, la manutenzione ordinaria e straordinaria. Questa formula dell’auto in abbonamento sta prendendo piede sui segmenti Premium, proposta direttamente dalle case automobilistiche con offerte diverse.
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